UN GIORNO A CASO MA PER SEMPRE.
(1a Puntata)
Cazzo, cazzo, cazzo! E muoviti! …1 minuto e
mezzo…, ma non è possibile, non è possibile! Dio mio! Muoviti!
Camminava
freneticamente su e giù lungo la banchina della metro “verde” di Piazzale
Loreto gettando occhiate di odio al cartellone elettronico che segnava il tempo
rimanente all’arrivo del treno. Direzione Assago o Abbiategrasso, uno dei due, era
sufficiente arrivasse in Stazione Centrale, e in fretta.
Stringeva le mani
convulsamente, stringeva i pugni freneticamente, li rilasciava, mordeva il
labbro inferiore, respirava affannosamente, occhi e testa non si davano tregua
e dopo uno sbuffo gettava una sbirciata nuovamente al cartellone, sempre 1
minuto.
Saltava da un
piede all’altro come se il pavimento fosse infuocato, un cerchio alla testa
stringeva le tempie fino al dolore e il cuore galoppava come Varenne sulla
dirittura di arrivo. Guardò nuovamente il cartellone: ancora un minuto.
Sul muro antistante
la banchina i valori borsistici proiettati erano la magica attrazione che gli
altri quasi-passeggeri fingevano di seguire con attenzione per non farsi
importunare da insistenti richieste di elemosina di zingare corredate di
pargolo piangente, da suonatori di fisarmonica, zingari pure loro, da barboni
accartocciati contro un muro, quelli non importunano ma fanno male agli occhi e
puzzano, da tossici “scusa, c’hai della moneta”, da bande di ragazzini tanto
rumorosi quanto implumi che ti spintonano e magari ti mandano pure “affanculo”
perché sono tosti.
Cristian bruciava
e alla gente non interessava, era solo una mattonella occupata, tutti rapiti da
quel maledetto di un NASDAQ. A Cristian scoppiava il cuore, ma il mondo
sembrava sentire solo il boom supersonico di un sempre dietro l’angolo boom
economico che non arrivava mai. Cristian sudava freddo ma il mondo non lo
sentiva perché tanto la puzza del barbone mascherava tutto. Maledetto barbone!
Muoviti, muoviti! MUOVITI! Metro di merda!
1
minuto.
30 secondi, 29,
28…9, 8, 7…0
Dove è?!
Cazzo!
Dal
tunnel il suono cupo della locomotiva in arrivo si faceva sempre più vicino, i
fari cominciavano a proiettare sulla parete i loro fasci di luce.
Quella
mattina si alzò dal letto come ogni mattina, si lavò la faccia come ogni
mattina, si preparò il caffè come ogni mattina, e come ogni mattina rovesciò
zucchero per tutto il suo piccolo cucinino; a quel punto si sedette sul divano
e accese la tivù sul canale che trasmetteva il telegiornale flash che seguì
distrattamente come ogni mattina elaborando giusto tre o quattro frasi del
conduttore per poterle così ridistribuire una volta al lavoro, naturalmente
infarcite di pathos ed ricamate di cazzo
e figa.
Si
alzò così dal divano e andò a pisciare mentre il suo cellulare suonava per la
terza volta la sveglia del mattino, e avrebbe fatto così ogni sei minuti
fintanto che il proprietario non avesse deciso di premere quel dannato stop; si lavò i denti e subito dopo sciacquò
le macchie gialle che lasciò nel lavandino con la minzione mattutina.
Da
fuori un sole timido entrava dalle finestre, scostò la tenda e sbirciò fuori
alla ricerca di un sorriso sul suo volto, era così dannatamente meteoropatico
che passava da attimi di euforia a momenti di depressione secondo le previsioni
meteo, ma in realtà lo scrutare il cielo per un raggio di luce non lo
illuminava più.
I
pensieri volarono a Dana e alla cena di lavoro che non l’aveva riportata a casa
la sera precedente… Avrà dormito da
Serena…
Tagliò
corto le digressioni quando partì dal cellulare la quarta serie di squilli,
spense la funzione “sveglia” e come ogni mattina si rese conto dell’ora troppo
tarda e così, come ogni mattina, la vestizione si trasformava il una corsa con
il tempo: felpa, jeans…
Si, si vanno bene quelli di ieri, le scarpe?
Ma dove è l’altra? Ma porca... ok…le ho tolte…ok trovata.. ma come cazzo fa ad
infilarsi tutte le volte sotto il divano. Il giubbotto...
Infilò
così la porta alla velocità di un ninja e se non fosse stato per il calcio che
diede allo zerbino uscendo, probabilmente non si sarebbe accorto della lettera
che ci giaceva sopra.
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