TITOLO ROMANZO

UN GIORNO A CASO MA PER SEMPRE.
(Gli episodi vengono pubblicati in versione ridotta rispetto all'originale)

mercoledì 6 marzo 2013

Un giorno a caso ma per sempre (1a Puntata)


UN GIORNO A CASO MA PER SEMPRE.

(1a Puntata)


Cazzo, cazzo, cazzo! E muoviti! …1 minuto e mezzo…, ma non è possibile, non è possibile! Dio mio! Muoviti!
Camminava freneticamente su e giù lungo la banchina della metro “verde” di Piazzale Loreto gettando occhiate di odio al cartellone elettronico che segnava il tempo rimanente all’arrivo del treno. Direzione Assago o Abbiategrasso, uno dei due, era sufficiente arrivasse in Stazione Centrale, e in fretta.
Stringeva le mani convulsamente, stringeva i pugni freneticamente, li rilasciava, mordeva il labbro inferiore, respirava affannosamente, occhi e testa non si davano tregua e dopo uno sbuffo gettava una sbirciata nuovamente al cartellone, sempre 1 minuto.
Saltava da un piede all’altro come se il pavimento fosse infuocato, un cerchio alla testa stringeva le tempie fino al dolore e il cuore galoppava come Varenne sulla dirittura di arrivo. Guardò nuovamente il cartellone: ancora un minuto.
Sul muro antistante la banchina i valori borsistici proiettati erano la magica attrazione che gli altri quasi-passeggeri fingevano di seguire con attenzione per non farsi importunare da insistenti richieste di elemosina di zingare corredate di pargolo piangente, da suonatori di fisarmonica, zingari pure loro, da barboni accartocciati contro un muro, quelli non importunano ma fanno male agli occhi e puzzano, da tossici “scusa, c’hai della moneta”, da bande di ragazzini tanto rumorosi quanto implumi che ti spintonano e magari ti mandano pure “affanculo” perché sono tosti.
Cristian bruciava e alla gente non interessava, era solo una mattonella occupata, tutti rapiti da quel maledetto di un NASDAQ. A Cristian scoppiava il cuore, ma il mondo sembrava sentire solo il boom supersonico di un sempre dietro l’angolo boom economico che non arrivava mai. Cristian sudava freddo ma il mondo non lo sentiva perché tanto la puzza del barbone mascherava tutto. Maledetto barbone!
Muoviti, muoviti! MUOVITI! Metro di merda!
1 minuto.
30 secondi, 29, 28…9, 8, 7…0
Dove è?!  Cazzo!
Dal tunnel il suono cupo della locomotiva in arrivo si faceva sempre più vicino, i fari cominciavano a proiettare sulla parete i loro fasci di luce.

Quella mattina si alzò dal letto come ogni mattina, si lavò la faccia come ogni mattina, si preparò il caffè come ogni mattina, e come ogni mattina rovesciò zucchero per tutto il suo piccolo cucinino; a quel punto si sedette sul divano e accese la tivù sul canale che trasmetteva il telegiornale flash che seguì distrattamente come ogni mattina elaborando giusto tre o quattro frasi del conduttore per poterle così ridistribuire una volta al lavoro, naturalmente infarcite di pathos ed ricamate di cazzo e figa.
Si alzò così dal divano e andò a pisciare mentre il suo cellulare suonava per la terza volta la sveglia del mattino, e avrebbe fatto così ogni sei minuti fintanto che il proprietario non avesse deciso di premere quel dannato stop; si lavò i denti e subito dopo sciacquò le macchie gialle che lasciò nel lavandino con la minzione mattutina.
Da fuori un sole timido entrava dalle finestre, scostò la tenda e sbirciò fuori alla ricerca di un sorriso sul suo volto, era così dannatamente meteoropatico che passava da attimi di euforia a momenti di depressione secondo le previsioni meteo, ma in realtà lo scrutare il cielo per un raggio di luce non lo illuminava più.
I pensieri volarono a Dana e alla cena di lavoro che non l’aveva riportata a casa la sera precedente… Avrà dormito da Serena…

Tagliò corto le digressioni quando partì dal cellulare la quarta serie di squilli, spense la funzione “sveglia” e come ogni mattina si rese conto dell’ora troppo tarda e così, come ogni mattina, la vestizione si trasformava il una corsa con il tempo: felpa, jeans…
Si, si vanno bene quelli di ieri, le scarpe? Ma dove è l’altra? Ma porca... ok…le ho tolte…ok trovata.. ma come cazzo fa ad infilarsi tutte le volte sotto il divano. Il giubbotto...
Infilò così la porta alla velocità di un ninja e se non fosse stato per il calcio che diede allo zerbino uscendo, probabilmente non si sarebbe accorto della lettera che ci giaceva sopra.

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